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mercoledì, dicembre 28, 2011, 05:10 PM
Nostra stella
Nostra stella che dagli spazi glaciali osservi nella indifferente infinità questo eterno groviglio di rumore, fatica e dolore (ruotare inquieto e incomprensibile per te), ferma per una volta la tua fredda luce fatti fiamma e calore accendi e riscalda, dà vita, illumina con limpido raggio il buio del mondo e sulla lava ardente fa’ spuntare bianche corolle.
Stella d’oriente, che hai guidato i Magi per terre lontane, spargi l’azzurra tua trina sulle muraglie e i fili spinati, sulle alture assetate di speranza, sulla terra che da sempre chiede e aspetta pace.
Maria Luisa Dodero
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lunedì, dicembre 12, 2011, 10:55 PM
Questa piazza ci dice che non ci eravamo sbagliate. Che questo è il momento di esserci. Non abbiamo mai smesso di credere che insieme possiamo essere una forza. Che il tempo delle divisioni è dietro di noi. Che questa forza può cambiare le nostre vite, e se cambiano le nostre vite, cambia questo Paese. Abbiamo lavorato per costruire e tessere la nostra rete, che è una rete vasta: i comitati “Senonoraquando” sono una realtà che ormai attraversa l’Italia, dal Trentino alla Locride. Oggi siamo qui, ma siamo anche a Torino, a Crotone. Ogni comitato, ogni gruppo, ha la sua storia, e ha scelto le sue forme e le sue parole. Ma queste parole viaggiano insieme, sono le nostre idee e sono la leva del cambiamento per il futuro. Oggi, lo avete sentito, qui abbiamo fatto proposte concrete perché alle donne non si può più chiedere. Per uscire dalla crisi, adesso alle donne bisogna dare. E’ un ordine intero che deve cambiare, che va ripensato, da capo, e comincia da noi. - Abbiamo detto che deve cambiare il lavoro, adattarsi al tempo delle donne, alle loro vite: deve dare più certezze chi entra, alle giovani; vanno smascherate le varie forme di precarietà e insicurezza, va combattuta la voragine del lavoro nero ancora troppo ‘normale’; e bisogna cancellare, una volta per tutte, la richiesta di dimissioni in bianco. - Abbiamo chiesto sistemi diversi e orari flessibili per scegliere se e quando diventare madri; l’assegno di maternità universale per sostenerla davvero questa scelta e il congedo obbligatorio per i padri, per condividerla. - Abbiamo detto che la crescita riparte se il lavoro è sostenuto da una rete di servizi e di opere innovato, aggiornato. Questo è il grande investimento che crea lavoro e libera il tempo delle donne. E’ la chiave dello sviluppo, per tutti: il ponte verso il futuro senza il quale la terra ci frana sotto i piedi e ci tocca ogni volta cominciare da capo. - Noi non vogliamo più ricominciare, abbiamo sempre guardato alla vita delle donne nella sua interezza: se cambia il lavoro devono cambiare i modi e le parole per raccontarci. Lo abbiamo mostrato, si possano archiviare le brutte immagini che hanno ricoperto questo paese come una tempesta silenziosa. Servono parole e figure libere, che restituiscano la differenza e la pluralità dei nostri corpi, la ricchezza del nostro desiderio e della nostra sessualità. Anche per questo chiediamo un servizio pubblico: devono cambiare la cultura e il senso comune di questo paese. Anche dignità e cittadinanza stanno insieme.Vogliamo che la politica, finalmente, parli la nostra lingua, la lingua delle donne; ed è ora che le donne ne diventino protagoniste, entrando in tante nei partiti, nelle istituzioni. Vogliamo il 50% . E vogliamo la certezza di questo impegno. - E siccome sappiamo che la cittadinanza cambia e si allarga, si modifica e si arricchisce, come la nostra esperienza ci insegna, è tempo di riconoscere la cittadinanza italiana a tutti i bambini e le bambine nati nel nostro Paese. La nostra proposta è ricca, articolata, ma è una sola. E’ la nostra proposta politica. Perché il lavoro, la dignità, il desiderio, la cittadinanza, sono una cosa sola, e devono cambiare insieme, se no non cambia il Paese. Di più non si salva. Su questa proposta, da questa piazza, chiediamo al nuovo Governo un incontro. Se non ora, quando? Se non le donne chi?
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venerdì, novembre 25, 2011, 05:26 PM
Care donne che eravate in piazza con noi il 13 febbraio, a rivendicare dignità e rispetto, care tutte le altre, italiane per nascita o per scelta. Care donne che non hanno perso il coraggio, la voglia di esserci, il progetto di contare, la speranza di uscire da questi anni di fango. Care donne singolari e plurali, diverse l’una dall’altra, sorelle compagne amiche, figlie e madri, siamo di nuovo qui, tutte unite, perché tutte unite siamo una forza e con “una forza” è ora che facciano i conti. Tutti.
Siamo una forza, per quante siamo e per come siamo. Siamo quelle che tengono insieme affetti e lavoro, cura e responsabilità, libertà e senso del dovere. Siamo quelle che il diritto di essere cittadine se lo guadagnano giorno per giorno sulle barricate della vita quotidiana.
Non c’è da uscire solo da una crisi economica, ma da una crisi politica, una crisi istituzionale, una crisi morale, da una logica, un immaginario, un ordine. In questo passaggio difficile non possiamo tirarci indietro, perché non può tirarsi indietro chi regge questo paese sulle proprie spalle.
Le donne non possono mancare per ridare all’Italia la dignità che ha perso, per ridarle credibilità, nel mondo, in Europa. Perché vogliamo restare in Europa e lavorare per un suo reale governo politico. Ma soprattutto non possono mancare per una politica che sia radicata alle necessità vere di donne e uomini.
Democrazia vuol dire donne e uomini insieme al governo, capaci di far parlare le loro vite diverse. E anche così dovranno essere democratiche le aziende, le banche, le istituzioni, le fondazioni, le università. Tutto. E che nessuno ci venga a dire che questo non è il momento.
Per anni abbiamo votato una rappresentanza irregolare, composta da una maggioranza schiacciante di uomini. Abbiamo votato in cambio di niente, infatti questo paese non ci somiglia, non ci racconta. Ma adesso basta. Adesso, attenti: una donna un voto. Quando chiederanno il nostro voto non lo daremo più né per simpatia, né per ideologia, ma solo su programmi concreti e sulla certezza dell’impegno di 50% di donne al Governo. Il 50% non è quota rosa, non serve a tutelare le donne, serve a contenere la presenza degli uomini, non è un fine, ma solo un mezzo per rendere il paese più vivibile ed equilibrato, più onesto, più vero. I partiti indifferenti perderanno il nostro voto.
E voi uomini, che ci siete stati amici, che ci avete seguiti nelle piazze del 13 Febbraio, credetelo: la nostra forza è anche la vostra. E’ per un bene comune che stiamo lottando. Un Paese senza la voce delle donne è un paese che va a finir male, verso una società triste e lenta, ingiusta, immobile, volgare e bugiarda.
Bisogni e desideri delle donne possono già essere un buon programma di governo. Sappiamo più degli uomini quanto oggi sia difficile vivere, difficile lavorare, mettere al mondo figli, educare, difficile essere giovani, difficile essere vecchi. Le nostre competenze non le abbiamo guadagnate solo sui libri, ma anche dalla faticosa e spesso terribile bellezza della vita delle donne.
La nostra storia ci insegna che non serve lamentarsi. Non ci basta più quella specie di società equilibrista e funambola che abbiamo inventato, in completa assenza dello Stato, per poter vivere decentemente e far vivere decentemente. La società civile è più donne che uomini. E’ ora di cambiare, cittadine!
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Lettera indirizzata a Se non ora quando
martedì, novembre 8, 2011, 10:41 PM
...Questo è il momento di pretendere che si creino luoghi e opportunità affinché le componenti oneste e capaci della società, intellettualmente libere da pregiudizi e ideologie, si possano ritrovare per elaborare il progetto-paese di cui parlavo all’inizio. Una nuova “costituente”, un progetto-paese che cancelli i privilegi delle tante corporazioni, palesi, occulte o illegali.Un progetto che sappia creare anche le misure di protezione sociale necessarie a ridisegnare il sistema Italia, l’anestetico necessario e senza del quale nessuna operazione sul tessuto socio-economico potrà essere posta in atto. Un progetto che individui priorità e indirizzi socio-economici necessari per avviare il cambiamento di cui l’Italia necessita. Che si facciano arretrare gli interessi della mala-politica e delle corporazioni; che i cittadini italiani, non sudditi!, facciano finalmente un passo avanti per mostrare di esistere e di voler riprendere il cammino e il comando di questo paese. Questo è il momento di scegliere e salire in groppa ai cavalli invece che alle mucche. Questo è il momento di impedire che i “pasticcieri” continuino a girare armati di spade e spadini per le strade di questo paese. Se non ora , quando?”
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